L’assistenza a un familiare con disabilità grave rappresenta un impegno intenso e prolungato, che la legge riconosce con strumenti specifici come il congedo straordinario previsto dalla legge 104. Questo diritto consente a molti lavoratori dipendenti di assentarsi fino a due anni durante la carriera lavorativa per fornire cure e supporto, ricevendo una retribuzione equivalente e, soprattutto, il riconoscimento dei contributi figurativi per il periodo di congedo. Tuttavia, una delle zone d’ombra di questa tutela riguarda l’effetto che tale assenza può avere sull’importo finale della pensione erogata dall’INPS, con penalizzazioni che restano poco note e che possono pesare soprattutto per chi ha redditi più elevati. Tra meccanismi di contribuzione, limiti fissati per legge e rivalutazioni annuali, si nascondono conseguenze meno evidenti ma decisamente concrete sul calcolo del montante contributivo e quindi sull’assegno futuro.
La complessità dei contributi figurativi e il tetto annuale che limita l’accumulo
Il congedo straordinario legge 104 garantisce ai lavoratori che assistono un familiare convivente con disabilità grave la possibilità di assentarsi per due anni, frazionabili nell’arco della carriera, con un’indennità corrispondente alla retribuzione. Oltre alla retribuzione, viene riconosciuta una contribuzione figurativa valida sia per il diritto che per la misura pensionistica. Si tratta di un meccanismo che accredita i contributi come se il lavoratore avesse continuato a svolgere la propria attività, senza interruzioni.
Non tutti però possono usufruire di questa tutela: la legge stabilisce un ordine di priorità per i familiari ammissibili al congedo, limitandone l’uso. Se però la contribuzione figurativa può sembrare un sollievo, essa è sottoposta a un tetto fiscale e previdenziale che incide in modo concreto. Il limite massimo riconosciuto di reddito imponibile per il calcolo dei contributi figurativi è pari a 57.038 euro annui, somma che comprendere la retribuzione e i relativi contributi previdenziali. Questo vincolo è previsto dal decreto legislativo 151/2001 e ribadito nelle circolari INPS n. 26 e 38.
Il tetto annuale condiziona pesantemente chi percepisce stipendi elevati: la differenza tra lo stipendio effettivo e il limite massimo può tradursi in una perdita secca nel montante contributivo accumulato. Un dettaglio che spesso si nota solo nelle retribuzioni più alte, dove la contribuzione effettiva supera il massimale figurativo previsto durante il periodo di congedo. Il risultato è una riduzione del montante previdenziale, quindi un impatto negativo sull’importo della pensione, che nel sistema contributivo è strettamente collegato alla somma dei contributi accreditati e rivalutati.
La rivalutazione ISTAT e l’effetto sul calcolo finale della pensione
La normativa impone anche una meccanica di rivalutazione dei contributi figurativi basata sull’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Questa rivalutazione è necessaria per adeguare i valori dei contributi alla variazione del potere d’acquisto nel tempo e viene applicata annualmente. Le circolari INPS dettagliate del 2025 chiariscono che, nonostante questa rivalutazione, il massimale di 57.038 euro da rispettare rimane un limite stringente che può penalizzare i lavoratori con redditi elevati.
Chi beneficia del congedo spesso si ritrova a stilare una bassa quota di pseudocontributi, che sommati a i contributi veri prelevati dallo stipendio, non raggiungono la soglia teorica potenziale. Questi meccanismi sono particolarmente rilevanti se si considera che l’assegno pensionistico è calcolato moltiplicando il montante contributivo accumulato per un coefficiente anagrafico, variabile a seconda dell’età di accesso alla pensione. Se il montante risulta inferiore a causa del limite di contribuzione durante il congedo, la pensione finale diventa proporzionalmente più bassa.
Questo effetto è un aspetto poco conosciuto, specie tra chi ha fruito del congedo per periodi prolungati o frazionati nel tempo. Una perdita che non si manifesta come una decurtazione diretta ma come una mancata crescita del montante che si riflette al momento dell’erogazione dell’assegno ceduto dall’INPS.
Valutare la propria posizione contributiva per evitare sorprese sul futuro
Dato che il calcolo della pensione con il sistema contributivo si basa su dati previdenziali oggettivi, è fondamentale per chi ha usufruito del congedo legge 104 monitorare attentamente il proprio montante contributivo e verificare eventuali limitazioni imposte dal massimale. Le situazioni più a rischio riguardano chi percepisce stipendi elevati e ha beneficiato di congedi prolungati o ripetuti.
In questi casi, il confronto con un patronato o con un’associazione di categoria può diventare un passaggio indispensabile per simulare l’assegno pensionistico atteso e pianificare eventuali strategie alternative. Non mancano poi le possibilità di dialogare direttamente con l’INPS, attraverso il contatto telefonico o tramite l’app dedicata My INPS, per fissare appuntamenti con operatori in grado di fornire chiarimenti dettagliati e personalizzati.
La conoscenza di questi elementi permette di evitare sorprese nel corso della carriera lavorativa e di gestire con maggior consapevolezza le conseguenze del congedo straordinario, un diritto prezioso ma caratterizzato da aspetti contributivi che richiedono attenzione e informazione continua, per salvaguardare il valore del diritto alla pensione senza rinunciare all’assistenza familiare.