Allarme Comet: un browser capace di superare gli esami al posto tuo

Studio

Comet la rivoluzione: non una semplice AI ma uno strumento che potrebbe ritorcersi contro di chi la usa-studyinitaly.it

Franco Vallesi

Ottobre 18, 2025

Creato da Perplexity AI, unisce l’intelligenza generativa alla ricerca online, ma un video virale ne ha svelato i rischi imprevisti.

Comet non è un motore di ricerca, e nemmeno solo un’estensione dell’intelligenza artificiale: è un browser vero e proprio, sviluppato da Perplexity AI, che integra l’assistenza generativa in ogni aspetto della navigazione.

Si comporta come un compagno digitale capace di analizzare, scrivere, rispondere, organizzare. Un progetto che, fin dal debutto, ha attirato attenzione e curiosità. Dopo mesi di accesso limitato agli abbonati di Perplexity Max, da ottobre 2025 è diventato disponibile gratuitamente per tutti, scatenando una crescita improvvisa e un entusiasmo generale.

Milioni di utenti in lista d’attesa, recensioni positive e un numero di installazioni superiore alle previsioni hanno accompagnato il lancio globale. Il principio alla base è chiaro: trasformare la navigazione in un’esperienza intelligente e adattiva, capace di capire i bisogni di chi la utilizza.

Un browser che ragiona e agisce

Esami
Come Comet riesce ad eseguire esami in pochi secondi-studyinitaly.it

come un assistente personale

Comet non si limita a mostrare risultati, ma interpreta il contesto. Analizza la cronologia, raggruppa le schede, suggerisce collegamenti pertinenti e può persino rispondere a domande sui contenuti che si stanno leggendo o guardando. È un browser “vivo”, capace di seguire la logica dell’utente e imparare dalle sue abitudini.

Il suo assistente integrato va oltre la semplice ricerca: riassume email, organizza la giornata, sintetizza video e testi, estrapola dati dai social network, e — in determinati casi — può persino eseguire azioni pratiche come aggiungere un evento al calendario o gestire un carrello acquisti. Tutto avviene in tempo reale, con una velocità che stupisce anche i più scettici.

Il risultato è un browser che “lavora con te e per te”, come spiegano gli sviluppatori. L’obiettivo non è sostituire l’utente, ma liberarlo dalle attività ripetitive, riducendo il tempo speso a cercare e aumentando quello dedicato a comprendere. Eppure, proprio questa rapidità e potenza hanno acceso un dibattito: quanto è lecito spingersi oltre quando un’intelligenza artificiale diventa così capace da superare l’uomo nelle sue stesse attività cognitive?

Il caso virale e l’intervento del CEO

Tutto è esploso quando, poche settimane dopo il rilascio pubblico, un video pubblicato sui social ha mostrato uno sviluppatore utilizzare Comet per completare in pochi secondi un corso universitario su Coursera. Il browser avrebbe risposto autonomamente a dodici domande, elaborando risposte coerenti e corrette in appena sedici secondi.

L’esperimento ha subito fatto il giro del web. Da un lato, molti hanno definito l’episodio la prova definitiva delle straordinarie capacità di Comet, in grado di leggere, comprendere e risolvere problemi complessi senza intervento umano. Dall’altro, il gesto ha sollevato dubbi etici immediati: se un software può superare un esame, che spazio resta alla formazione e alla comprensione reale?

La discussione si è spinta ben oltre i confini della tecnologia, toccando temi educativi e morali. Gli insegnanti hanno espresso preoccupazione, le università hanno iniziato a valutare nuove modalità di verifica, e molti si sono chiesti se l’intelligenza artificiale stesse oltrepassando la linea che separa l’aiuto dall’abuso.

Il dibattito ha raggiunto un punto tale che Aravind Srinivas, CEO di Perplexity AI, ha deciso di intervenire personalmente. Su X (l’ex Twitter), ha scritto un messaggio breve ma netto: “Absolutely don’t do this” — “Assolutamente non fatelo”.

Srinivas ha chiarito che Comet non è stato creato per barare, ma per favorire la curiosità, semplificare la ricerca e rendere la conoscenza più accessibile. Utilizzarlo per aggirare un esame o un compito, ha detto, significa snaturare lo scopo stesso dell’intelligenza artificiale, che non è quello di sostituire l’uomo ma di accompagnarlo nella comprensione del mondo.

Un monito che apre una riflessione più ampia: in un’epoca in cui gli strumenti digitali diventano sempre più autonomi, il rischio non è tanto che imparino a pensare al posto nostro, ma che smettiamo di pensare insieme a loro.